Pare che sia sempre il primo di qualsiasi classificazione alfabetica dei vitigni italiani autoctoni
Il famoso poeta romano Orazio l’ha più volte decantato. A bacca nera, di origini davvero antiche, si trova nel Lazio, in provincia di Frosinone, nel comune di Fondi, in un’area pedemontana e collinare. Questa è la sua zona di origine e coincide con la stessa che a tutt’oggi conosciamo come luogo d’elezione; in realtà, l’unica nella quale questo vitigno abbia conosciuto diffusione.
Abbiamo intervistato Antonio Belardo, responsabile dell’Azienda Agricola Monti Cecubi.
Siamo a Itri, sulle colline che guardano il mare di Sperlonga, dove nasce, in epoca Romana, l’antico vino Cecubo. La storia della sua produzione nel bacino tra Fondi, Itri, Sperlonga e Formia è plurimillenaria. E ce la siamo fatta raccontare.
Per parlare dell’Abbuoto è necessario un inquadramento storico-geografico.
Ci troviamo in una zona collinare, a due o trecento metri sopra il livello del mare. È praticamente priva di collegamenti, salvo qualche mulattiera. Possiamo dire che chi viveva qui era in qualche modo isolato. Perché nasca l’iniziale importante connessione con il mondo esterno, bisogna aspettare Appio Claudio Cieco, il politico e militare romano a cui nel III secolo a.C. si deve la realizzazione della via Appia. Fu il primo ad accorgersi della ricchezza vitivinicola e olivicola di questo terreno e ne divenne promotore.
Tra i sinonimi, l’Abbuoto ha anche quello di Cecubo.
Sì, ma in realtà erroneamente. Una piccola estensione di Abbuoto è stata trovata, intorno alla metà del secolo scorso, nella zona intorno a Itri e Fondi (in provincia di Latina), tra i terreni dei Monti Cecubi, da cui il vino Cecubo. Possiamo dire che il termine identifica un territorio più che un vitigno.
Con l’Abbuoto scopriamo, o meglio abbiamo la possibilità di comprendere, l’importanza e il ruolo che le strade hanno nello sviluppo di un territorio o, come in questo caso, di una vite.
Le strade hanno fatto sì che la collina si aprisse alla costa per come la conosciamo oggi.
Qui semplicemente le persone facevano il vino per loro, e questo ha mantenuto e ci ha consegnato i vitigni autoctoni. Non ci sono state grandi famiglie, come può essere accaduto in Toscana, a portare avanti rinomate cantine. Possiamo dire che non c’è una tradizione vitivinicola se non quella di sussistenza.
L’Azienda Monti Cecubi si concentra da subito su questo vitigno.
Sì, pur partendo in anni in cui si piantavano molto più facilmente viti internazionali, si inizia subito con gli autoctoni, come l’Abbuoto. L’internazionale in realtà si coltiva con uno scopo specifico: praticamente, per avere un termine di paragone. Quando il confronto non si è reso più necessario, è stato progressivamente abbandonato o utilizzato come uva da taglio.
Di solito succede che questi vitigni, che oggi chiamiamo rari, abbiano avuto un momento nella storia in cui sono stati vicini all’estinzione.
La storia del prodotto è estremamente legata all’uomo. I vitigni autoctoni hanno un difetto: richiedono maggiore attenzione, sono più sensibili alle variazioni legate al territorio. E questo li salvaguarda da una distribuzione troppo allargata. Aggiungiamo la conformazione del territorio che abbiamo descritto prima e si comprendono le ragioni di scarsa diffusione di questo vitigno.
A questo proposito, ci sono, oggi, possibilità d’espansione dell’Abbuoto?
So che stanno facendo diversi esperimenti al di là dell’areale. Anche se testimonianze più antiche ci dicono che i tentativi di diffondere questa varietà alle zone limitrofe hanno sempre comportato una tale variazione di caratteristiche da far perdere al vino i suoi pregi. Ma può darsi che le nuove conoscenze, unitamente alle nuove tecnologie, diano risultati diversi.
Vinificazione e vino.
Vinificazione in acciaio e fermentazione spontanea a temperatura controllata. Maturazione in botti grandi di rovere e affinamento di 6 mesi in bottiglia. Infine, commercializzazione. Questo in linea di massima, ma non è una ricetta. Tutto può variare in base all’annata.
Il vino si caratterizza principalmente per la bella acidità: freschezza e sapidità che richiamano sempre la beva. E poi ha un connubio tra sentori di viola, prugna, amarena, frutta rossa matura, ma anche cacao, tabacco e caffè.
Vediamo un abbinamento tipico…
Nonostante siamo praticamente sul mare, in questa zona l’alimentazione era pressoché di montagna. E con questi tipi di cibo il vino rosso si sposava perfettamente. Sta bene con la salsiccia, che da queste parti è fatta con il coriandolo e il peperone. Oppure con quella di fegato. Si può preparare anche un ragù di salsiccia di fegato per condire i bucatini. Ci si mettono pinoli, alloro, uvetta, coriandolo, scorza di buccia d’arancia. È un piatto che si gioca tra il dolce, lo speziato e il salato. Sono tutti gusti che richiamano i sapori dell’antica Roma. Ma ci sono anche alternative molto più semplici o di mare, come una pasta con un ragù di tonno o un crostino burro e alici.
Elisa Alciati