Senza zuccheri aggiunti, olio di palma, glutine, conservanti… Il “senza” è un claim vincente e lo dimostrano i dati del mercato. Ecco allora che da qualche tempo possiamo trovare in commercio prodotti che, con orgoglio, esibiscono in etichetta anche la scritta “senza additivi”. Ma ha davvero senso? È veramente un valore aggiunto avere un prodotto che irrancidisce perché “senza additivi”, quando basterebbe aggiungergli una minima quantità di un additivo antiossidante come l’acido ascorbico (che poi è la vitamina C) per garantire la miglior sicurezza dell’alimento, allungare la sua conservabilità, mantenerne il gusto ed evitarne lo spreco?
E, come l’acido ascorbico, sono moltissimi gli additivi che, oltre a essere assolutamente affidabili, non fanno che migliorare la qualità e la sicurezza dei prodotti a cui sono aggiunti…
L’idea che un articolo “senza additivi” sia intrinsecamente migliore di uno che ne contiene è profondamente sbagliata, e chi la propugna non lo fa certo con lo scopo di promuovere un rapporto sano, maturo e consapevole con il cibo, ma piuttosto con l’intento di sfruttare una moda per puri scopi commerciali.
Gli additivi, infatti, sono delle sostanze che non influenzano il potere nutritivo degli alimenti, ma vengono aggiunte nella loro preparazione per modificare determinate caratteristiche, come il colore e il sapore, oppure la consistenza, la stabilità, la durata nel tempo…
A seconda della funzione che svolgono, si distinguono quindi diverse categorie di additivi: i conservanti, gli antiossidanti, gli stabilizzanti, i coloranti e i dolcificanti sono le più importanti. Ciascuna categoria comprende diverse sostanze, alcune di derivazione naturale e altre invece ottenute per sintesi chimica. A questo proposito, però, è importante sfatare un primo pregiudizio: il fatto che un additivo sia naturale o di sintesi non ha particolare significato rispetto alla sua sicurezza (i più potenti veleni conosciuti sono prodotti naturali). Quello che è importante sapere è che, a tutela dei consumatori, l’uso degli additivi alimentari è regolato da norme di legge molto rigide e precise: al di là del fatto che sia naturale o meno, ogni sostanza per essere ammessa all’uso come additivo alimentare deve superare una quantità di prove tese ad accertare che sia innocua; solo superate queste prove viene inserita nella lista degli additivi consentiti, con l’indicazione della dose massima di utilizzo.
La prima cosa che dovremmo chiederci davanti a ogni prodotto è se gli additivi che contiene sono effettivamente necessari. Spesso non c’è bisogno di essere dei tecnici per rispondere, e il caso più eclatante è quello dei coloranti. Come dice il nome, hanno una funzione “cosmetica”, cioè servono soltanto a dare un aspetto più attraente ai prodotti in modo da invogliarci a comprarli. Perché, per esempio, ci ostiniamo a volere lo sciroppo di menta colorato di verde, quando al naturale sarebbe trasparente come l’acqua? E il rosso o arancione degli aperitivi? Non ha nulla a che vedere con il loro gusto, ma trasparenti non li vogliamo… Ecco, se un “senza” ha davvero senso, questo è il “senza coloranti”.
Ma come la mettiamo per il “senza conservanti”? La domanda di fondo non cambia: servono davvero? Per alcuni prodotti sì: non solo prolungano la loro durata, ma ne garantiscono la sicurezza igienica. Il discorso è diverso, però, se di una certa categoria ne troviamo in commercio alcuni con i conservanti e altri senza: perché aggiungerli se se ne può fare a meno? La risposta è semplice: perché per produrre senza inserire conservanti bisogna impiegare materie prime igienicamente perfette, di ottima qualità, e operare in condizioni di assoluta igiene. Tutto questo ha un costo che si preferisce evitare: è certamente più economico e facile usare ingredienti di qualità mediocre e lavorare in condizioni meno curate, aggiungendo poi conservanti chimici che costano pochissimo e garantiscono ugualmente una durata sufficiente dei prodotti. Ecco allora, a proposito dei conservanti, una semplice regola di buon senso: se possibile, scegliere gli alimenti che non li contengono.
Anche altri additivi possono segnalare una bassa qualità dei prodotti, a prescindere dalla loro sicurezza. Il glutammato è l’esempio più evidente: appartiene alla categoria degli “esaltatori di sapidità”, additivi che si aggiungono per esaltare il sapore. Ma se si usassero ingredienti di buona qualità, naturalmente saporiti, ci sarebbe ancora bisogno di esaltarne artificialmente il gusto?
Ben vengano invece additivi antiossidanti come l’acido citrico (non è altro che l’acido del limone che usiamo come additivo domestico), le lecitine (che comperiamo anche come integratori) utilizzate come emulsionanti per rendere stabili le salse che altrimenti durerebbero molto meno, le pectine che danno consistenza alle confetture e sono fibre utili alla salute… e gli esempi potrebbero continuare, ma già questi sono sufficienti a far riflettere su quanto siano fuorvianti slogan assurdamente semplicistici e falsi nelle intenzioni come il “senza additivi”.
Giorgio Donegani