FRANCESCA CORRADO

Una fallita di successo. L’insostenibile pesantezza della perfezione. Economista, con alle spalle diverse esperienze professionali – sportive, accademiche e imprenditoriali – da alcuni anni si occupa di formazione e lo fa utilizzando il gioco educativo. L’obiettivo è divulgare una sana cultura del fallimento e dell’errore, sia in ambito scolastico che aziendale.

 

 

La sua autopresentazione è sicuramente efficace e particolare. “Sono un’ex pallavolista, un’ex docente universitaria e un’ex startuppara, e questo perché ho imparato che bisogna avere ben chiari i propri fallimenti. Oggi sono la fondatrice di Scuola di Fallimento e la Presidente di un’associazione ludica che si chiama Play Res. Dopo aver fallito il piano A e il piano B, mi sono aggrappata al piano C e ho fatto della passione del gioco il mio lavoro”.

 

Quindi oggi che fai?

Insegno a comprendere il proprio mindset (atteggiamento mentale, ndr) e il livello di tolleranza nei confronti degli errori – propri e altrui – e a comprendere perché si sbaglia attraverso lo strumento ludico che diventa il modo e lo spazio per simulare la realtà. In ambito universitario mi occupavo di benessere e oggi mi occupo di malessere; la cosa può sembrare antitetica, ma in realtà penso sia un’evoluzione, perché faccio le stesse cose con strumenti nuovi e da un punto di vista speculare. Il mio obiettivo è sempre migliorare il benessere psichico delle persone e il mindset delle organizzazioni, però lo faccio dal punto di vista della valorizzazione dell’errore e dei fallimenti.

 

Come definiresti errore e fallimento?

Sbaglio, errore e fallimento sono cose diverse e hanno sia una dimensione oggettiva che una soggettiva. Lo sbaglio è un abbaglio, un tipo di errore che viene compiuto senza accorgersene, e dipende generalmente dal fatto di avere la testa piena, di dover fare più cose in un tempo ristretto; l’errore invece è una deviazione da una nostra aspettativa o da un’aspettativa altrui, ma non è detto che porti al fallimento, può rivelarsi il percorso migliore per raggiungere l’obiettivo; il fallimento è il punto finale di una serie di errori.

Questo non significa che il successo è il punto finale di una serie di buoni risultati, è più probabilmente un insieme di esiti positivi ed errori trasformati in opportunità.

Per me l’errore è sempre una buona lezione, un buon maestro, e i fallimenti sono un modo per scorgere nuove opportunità.

 

Come è fallita la tua vita, da docente o da sportiva?

Per quanto riguarda la pallavolo, oggi posso dire che fallire è stata una mia scelta. L’allenatore mi aveva declassata, così la vedevo io, da schiacciatrice ad alzatrice, e quindi, anziché impegnarmi nel trovare valore anche in un ruolo diverso, sull’onda della rabbia ho deciso di lasciare tutto. Ho smesso dalla sera alla mattina e giocavo in serie C. Il motivo invece legato al fallimento della carriera universitaria si deve al fatto che, per mancanza di fondi, hanno preferito assegnare la mia materia a una persona che era già associata piuttosto che a me.

Diciamo che a posteriori sono tutti elementi utili per capire che io non stavo bene in quei contesti;   c’erano stati tanti segnali ma io li avevo ignorati. È quello che insegno: il fallimento spesso è il punto finale di una storia di ostinazione cieca tra errori e segnali che non abbiamo voluto vedere ma che c’erano. È importantissimo capire quando non mollare ma anche quando mollare.

 

Per agganciarmi al tema della sostenibilità, mi verrebbe da dire che è insostenibile non sbagliare mai e invece il contrario è sostenibilissimo, insegna ad esempio la flessibilità.

Il concetto di sostenibilità lo si può leggere sia a livello individuale che collettivo. Uno studio interessante di neurobiologia dell’errore dimostra che noi apprendiamo molto più velocemente attraverso l’errore che attraverso la risposta corretta, soprattutto quando ci troviamo in campi assolutamente nuovi. D’altra parte, se intendiamo la sostenibilità in termini ambientali ed economici, credo che il pensare di vivere in un mondo perfetto, facendo scelte perfette, sia proprio controproducente; porta a commettere sempre gli stessi errori, che danneggiano non solo noi, ma anche le generazioni future. Non solo. Se la nostra mente non è preparata alla possibilità concreta di cadere, inciampare, cambiare percorsi, nel momento in cui si verifica l’evento negativo siamo colti di sorpresa, reagiamo emotivamente e ci manca la consapevolezza necessaria a vedere soluzioni.

Ci sono numerose ricerche che dimostrano come avere un pensiero realistico che contempla la possibilità del dolore, dell’imperfezione, della caduta ci renda più resilienti e molto più proattivi.

Il fallimento e l’errore sono argomenti tabù perché si ha l’illusione che non parlandone non accadono a noi. Non è il pensiero positivo che ci salva; la cosa importante è rendere l’errore, il fallimento, l’evento negativo parte del gioco e restarne il protagonista.

L’ottimismo realistico, avere fiducia in sé, ma anche nella rete sociale, amicale o familiare che abbiamo accanto, è importantissimo: il successo non è mai una questione di talento individuale o genio, dipende da un contesto ed è soprattutto relazionale.

 

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

Errori in cucina

Abbiamo raccontato mille ricette nate da errori. Francesca adora cucinare e soprattutto sbagliare le ricette. Sperimenta per prove ed errori e crede di non aver mai fatto nella vita lo stesso piatto nella stessa maniera, con gli stessi ingredienti. Quindi, assolutamente sperimenta e le piace anche molto la metafora culinaria. Si presta a delle similitudini rispetto al tema dell’errore e del fallimento. “Spesso per realizzare delle ricette complesse servono delle regole, e una cosa che sbaglio sempre è dosare un po’ ad occhio. E invece alcune volte per fare la ricetta perfetta serve attenersi a delle regole. Ecco, spesso sperimentiamo come capita e poi il risultato non è ottimale… Non dovremmo stupirci”. Naturalmente, viceversa molti prodotti o piatti famosi sono nati da errori. E su questo aggiunge, perché è una bella metafora, che, quando si prepara qualcosa e ci si rende conto che la ricetta non è venuta buona, si prova ad aggiungere ancora ingredienti peggiorando la situazione, e passando da un errore a un fallimento, sprechiamo di più.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 

Iscriviti alla nostra newsletter e resta aggiornato
sul mondo del cibo.