Il bello del vino è che è un modo divertente di scoprire la geografia e passare per la storia. Questa volta ci ha portato in un comune di 1.700 abitanti e ci ha ricordato un’antica civiltà.
Il termine Guarnaccino è stato utilizzato per indicare nel tempo alcune specie di vitigno, diverse tra di loro, dei territori di Calabria, Campania, Sicilia e Basilicata.
Sappiamo per certo che le origini sono molto antiche, risalenti almeno alla fine del XVII secolo: siamo in Sicilia e ne parla padre Francesco Cupani nel suo scritto “Hortus Catholicus”, un catalogo di circa 3.000 diverse specie e varietà che crescevano nel giardino di Misilmeri, voluto da Giuseppe del Bosco, principe di Cattolica.
Sono diverse le regioni di diffusione del vitigno, e tra queste vi è la Basilicata, che con gran parte di territorio di origine vulcanica è estremamente vocata alla viticoltura. In particolare, nel piccolo comune montuoso di Chiaromonte, vicinissimo al Parco del Pollino, in provincia di Potenza, il Guarnaccino Nero trova la sua zona di elezione. Qui, ad almeno 300 metri sul livello del mare, l’escursione termica e il clima fresco e ventilato ne favoriscono la crescita. Da qui in avanti, per questa “tappa dei tappi”, sarà solo Guarnaccino di Chiaromonte: un vitigno indigeno, lucano.
L’iscrizione al Registro Nazionale della Varietà di Vite è recente; pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nell’agosto 2013, oggi è idoneo alla produzione dell’IGT Basilicata.
Nonostante il successo, va ricordato che dal secondo dopoguerra l’abbandono della campagna, come spesso è accaduto in tanti territori d’Italia, ha rischiato di far perdere le tracce di questo vitigno per sempre. Per fortuna, così non è stato. Al lodevole lavoro di recupero ha partecipato, tra gli altri, Giuseppe Crescente dell’azienda 600 Grotte. Una chiacchierata con la moglie Rosina Mazzilli, patron dell’azienda con il marito, e la responsabile commerciale Paola Luparelli ci ha aiutato ad approfondire la conoscenza di quest’uva.
Come inizia la riscoperta del Guarnaccino di Chiaromonte?
Dopo molti anni trascorsi in Lombardia, lontano dalla Basilicata e da Chiaromonte, abbiamo ceduto al richiamo di casa. Avevamo il nostro progetto: nel 2009 acquistiamo un terreno abbandonato e ne piantiamo i primi filari.
Tanti anni lontani da casa eppure rientrate con un’idea chiara: partire da questo vitigno. Spiegateci meglio.
Il Guarnaccino di Chiaromonte è un’eredità tanto importante quanto antica. Bisogna andare indietro fino al V secolo a.C., fino agli Enotri, l’antica civiltà che abitava la Lucania, e passare attraverso la storia dei nostri avi, poi i nonni e fino ai genitori, per comprendere quanto la viticoltura e in particolare questo vitigno facciano parte della nostra genetica.
La sua coltivazione è stata tramandata nei secoli fino ai giorni nostri di padre in figlio in un paese in cui la produzione di vino è una delle tradizioni principali. Lavorato da generazioni a Chiaromonte, aveva un significato speciale per noi, ma non era ancora ufficialmente riconosciuto al di fuori di un ambito prettamente casalingo.
È così che siamo arrivati ad investire, insieme ad altri, tempo e risorse nel progetto di farlo conoscere e valorizzarlo.
Oggi possiamo dire che l’azienda 600 Grotte è stata la prima a vinificare il Guarnaccino di Chiaromonte in purezza.
600 Grotte non è solo un nome; in realtà, racconta una caratteristica unica del territorio di Chiaromonte.
Unica, sì. Siamo in un paese di montagna, pietroso, dove si sono create naturalmente delle insenature nella roccia, quasi come caverne. Qui da sempre le famiglie di Chiaromonte hanno conservato – e conservano tuttora – il vino. Con una cantina a disposizione è tradizione comune fare ciascuno il proprio vino, e quello che oggi chiamiamo Guarnaccino di Chiaromonte in realtà è sempre stato, semplicemente, il nostro.
Si dice che si tratti di un vitigno molto resistente.
È vero. Già a partire dalla particolare conformazione del grappolo che è fitto, serrato. Non richiede molti trattamenti.
Quanto è estesa ad oggi la coltivazione del Guarnaccino di Chiaromonte?
Noi ne abbiamo 7 ettari e non credo ce ne sia molto altro.
Vinificazione?
Noi produciamo solamente con una tipologia d’uva, cioè in purezza. Come altri vini della Basilicata si distingue per struttura e tenore alcolico; si arriva facilmente a titoli alcolometrici di 15 gradi. Per questo, quando vinifichiamo utilizziamo per lo più acciaio; riteniamo che non occorra aggiungere struttura a un vino simile e che dia il meglio già in gioventù.
Ha un colore molto carico, rosso rubino, sentori di spezie, frutta rossa; i profumi sono anch’essi molto intensi. Potremmo dire che ha un sapore quasi rustico e un carattere deciso. Ma vorremmo lasciarlo scoprire e interpretare a chi vorrà assaggiarlo.
Qualche abbinamento tipico consigliato?
Suggeriamo la carne, salami stagionati o, meglio ancora, la nostra salsiccia lucana con il peperone Crusco.
Elisa Alciati