IL CARNEVALE IN ARMENIA

È un Paese piccolo, bivaccato a Est sul Piccolo Caucaso. Disteso su un’ispida orografia, rigata dagli affluenti dell’Aras, il suo punto più basso tocca i 380 metri, la vetta più alta i 4.000. Anche in Armenia il mese di febbraio è ricco di tradizioni e a parlarcene è Ani Martirosyan, pianista armena da anni in Italia che ho avuto il gran piacere di intervistare.

 

 

 

 

Com’è il Carnevale da voi?

 

È una festa che si celebra da poco; solo 7 anni fa nella capitale Yerevan si è iniziato a organizzare cortei mascherati. Sotto l’URSS era vietato, ma nell’antichità si festeggiava il Barekendan, (“buon vivere”, con giochi, danze e banchetti, perché poi c’era il digiuno quaresimale, ma prima ancora era la festa pagana del ritorno della primavera!

 

 

Che cibi si preparavano?

 

Il Pohind! Un dolce di grano macinato e tostato e latte, a forma di cilindretto e farcito con burro, zucchero e noci. Lo stesso impasto può essere cotto con aggiunta di acqua e servito con yogurt e aglio, burro salato, o tutte e tre le cose. La sera, invece, uova sode! Ma il cibo è importante anche in altre feste di febbraio.

 

 

Quali?

 

Surb Sarkis, San Sergio, patrono dell’amore e dei giovani, festa che cade 63 giorni prima della Pasqua; quest’anno, il 30 gennaio. Per cena le madri preparano per le loro figlie o figli ancora non fidanzati o sposati una focaccia salata. Si dice infatti che la notte sogneranno il futuro consorte che porta loro un bicchiere d’acqua; per questo è importante il sale! E si fa ancora. Mentre una volta si metteva anche sul davanzale un piatto con lo stesso impasto della focaccia: se il Santo a cavallo lascerà di notte un’impronta di zoccolo, si avrà grande fortuna!

 

Poi c’è Il Trndež, cioè andare verso il Signore”, che celebra l’arrivo di Gesù a 40 giorni dalla nascita. Il Natale armeno è il 6 gennaio. Maria pose Gesù tra le braccia di Simeone che lo accolse spalancando le porte del tempio con tale fragore che i cittadini accorsero con le loro lanterne. Cade sempre il 14 febbraio ed è la versione cristiana di una festa in cui si adorava il fuoco: un gran falò scaldava il Sole per dargli la forza di far rinascere la primavera.

 

Fidanzati e novelli sposi ballano attorno al fuoco, le ragazze portano cesti carichi di uvetta e frutta secca e ne donano parte alle fiamme. Quando il fuoco si abbassa, ci saltano sopra! Era una festa per propiziare la fertilità della terra, ma anche delle novelle spose! Col Cristianesimo il rito del fuoco restò, ma acceso dalle candele della chiesa, e ancora oggi si usa regalare uvetta e frutta secca ai giovani.

 

Riccardo Vedovato

info@cibiexpo.it

 

 

 

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