ILARIA GASPARI

Filosofa per indecisione, scrittrice per vocazione.

Ha studiato filosofia alla Scuola Normale di Pisa e conseguito un dottorato alla prestigiosa università francese Paris 1 Panthéon-Sorbonne con una tesi sullo studio delle passioni nel Seicento. Nel 2015 è uscito il suo primo romanzo, Etica dell’acquario; 3 anni più tardi Ragioni e sentimenti. L’amore preso con Filosofia; nel 2019 ha pubblicato Lezioni di felicità. Esercizi filosofici per il buon uso della vita, già tradotto in diverse lingue; nel 2021 Vita segreta delle emozioni.

 

 

Credits Chiara Stampacchia

 

 

Chi sei, che fai e, soprattutto, come mai…? (Ridiamo).

Come mai è la domanda più difficile… Ho sempre desiderato scrivere. Da bambina volevo fare la scrittrice o la fioraia. Con questi sogni e le idee poco chiare mi sono iscritta a filosofia. Mi spaventava dover scegliere subito una direzione, e così ho optato per una facoltà aperta a tutte le strade e a nessuna, mantenendo la fascinazione per quello che riguardava le emozioni, sia da un punto di vista letterario che umano. Mi sono addottorata, infatti, con una tesi sui modi in cui nel Seicento alcuni filosofi studiavano le passioni (che noi oggi chiamiamo emozioni) e, mentre stavo facendo la tesi, ho iniziato a scrivere, per me, un romanzo. È successa allora una cosa un po’ buffa: l’hanno letto al Corriere e mi hanno chiesto di iniziare a collaborare a La Lettura – il supplemento allegato all’edizione domenicale del quotidiano – con una serie di articoli filosofici dedicati alle emozioni. Alcune persone che lavoravano alla casa editrice Einaudi li hanno letti e mi hanno chiesto di scrivere un libro. Io, nel frattempo, avevo avuto l’idea di Lezioni di felicità. È stato molto ben accolto e tradotto all’estero; mi ha permesso di raggiungere un pubblico inaspettato, e questo ha cambiato le carte in tavola.

 

Mi dicevi che la motivazione secondo te non sta solo nel libro ma anche nel contesto…

Il periodo storico e la pandemia sono stati un ottimo terreno per far nascere la voglia di riflettere sulla realtà da prospettive diverse e riscoprire la filosofia… Probabilmente, i miei libri danno la possibilità di affrontare questi temi fornendo allo stesso tempo qualche strumento per avvicinarli. Forse per questo mi sono poi arrivate tante proposte che mi ha fatto piacere sperimentare, come la TV, la radio… Sono una persona molto curiosa, che si stufa facilmente; e quindi, da un lato per curiosità e dall’altro per l’idea che il modo di raccontare che mi appartiene potesse essere utile, ho messo i miei strumenti a disposizione di diverse forme di comunicazione: per permettere a tutti quelli che si ponevano domande ma non sapevano metterle a fuoco di documentarsi e pensare alle cose in una maniera più eccentrica.

 

Un invito dedicato alla cultura…

Credo che attualmente, e ogni giorno di più, ci sia diffidenza verso la cultura sia umanistica che scientifica – questione politicamente spaventosa – cosa che inibisce le capacità di ragionare. Per questo, per me è stato molto bello avere diverse occasioni, per esempio nelle scuole, nelle biblioteche, per mettere al servizio di altri quello che avevo studiato. Molto bello e molto faticoso, perché in Italia – come autore – sei solo. Non c’è l’idea che vada protetto il tempo della scrittura e dello studio.

 

C’è oggi un’erronea percezione del tempo dedicato all’acquisizione di conoscenze. È visto come noioso, e non come spazio raro, impagabile… Così, una vita come la tua, risulta anticonvenzionale… fatta d’ispirazioni che solo con sforzo hai potuto tenere insieme.

Sì. Soprattutto la scelta inziale per me è stata molto difficile e combattuta, accolta, anche in famiglia, come un salto nel buio. Avevo degli ottimi titoli accademici e sarebbe stato logico continuare quel percorso. Dal punto di vista economico, anche, è stato complesso. Adesso me la cavo, perché lavoro tanto, ma i primi anni è stata durissima. Questa fatica rende il lavoro intellettuale per pochi, persone che appartengono allo stesso mondo, con lo stesso punto di osservazione.

 

Possiamo quindi dire che il lavoro dell’intellettuale è strettamente legato al cibo, perché per varie fasi della vita non si riesce a mangiare…! Oggi, invece, ti piace cucinare?

Non sono mai stata una grande cuoca perché sono incostante anche nel seguire le ricette… Generalmente, mentre cucino mi accorgo che mi mancano gli ingredienti fondamentali del piatto che ho iniziato a fare… Quindi può venire una cosa molto buona oppure una schifezza. Adorerei essere una che cucina bene. Ho però dei cavalli di battaglia, tipo la pasta al pomodoro, che è anche il mio piatto preferito, e ne faccio di eccezionali. E poi le uova. Perché sono economiche e mi hanno salvato tante volte.

 

E vive la passione nei confronti dei fiori?

Si. Mio marito dice che sono una gattara delle piante, perché se ne vedo una che soffre la devo soccorrere! Ne ho tantissime in casa. Non so cucinare ma, se c’è da aromatizzare, procedo di slancio e coltivo io, sul balcone, le mie erbette. Adoro le case piene di piante: la loro assenza mi disturba e mi turba. Guardarle aiuta anche a capire il tempo. Il tempo che ci vuole a fiorire di nuovo. Ti dà un senso di continuità molto bello.

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

 

 

 

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