Nel corpus della scienza occidentale sono spesso confluiti, senza che il loro ruolo venisse significativamente riconosciuto, saperi di altri mondi. Nella narrazione “bianca” della scienza mancano i capitoli scritti da popoli e culture alternative, nonostante alcune scoperte fondamentali, basate sulle conoscenze di popolazioni indigene, in epoca coloniale siano state assorbite dagli europei.
Marco Boscolo, giornalista scientifico e titolare di un laboratorio all’Università di Bologna, ha scritto un piccolo libro (La bianca scienza) denso di episodi fondamentali che si sono verificati fin dai tempi di Niccolò Copernico e dell’epopea coloniale per arrivare alle proteste del movimento #ScienceMustFall (La scienza deve cadere, ndr) nato all’Università di Cape Town, in Sudafrica, nel 2016. Il sapere occidentale è spesso in debito con il pensiero coloniale. Il divario che permane tra il Nord e il Sud del mondo è in larga parte determinato dal vantaggio ottenuto con la violenza delle conquiste.
Boscolo, davanti a una platea di studenti multietnici, si è allineato a quegli storici che mettono in discussione la narrazione occidente-centrica. Copernico e Galileo, per esempio, hanno avuto un debito molto forte nei confronti di altre culture, e loro stessi lo riconoscevano, ma poi si è un po’ dimenticato. Pensiamo alla matematica e all’astronomia.
Anche tante forme di vita sconosciute in Europa sono state saccheggiate. All’inizio del Seicento è emblematica la storia del chinino. La moglie del viceré del Perù si ammala di una febbre che non guarisce. L’ultima spiaggia è provare un rimedio proposto da un esperto di medicina locale: usare la corteccia di un albero utilizzata da millenni per curare le febbri intermittenti. Lei guarisce. Per un secolo e mezzo, la Spagna diventa esportatrice in Europa della corteccia peruviana. Però poi all’inizio dell’Ottocento un’altra grande potenza coloniale, l’Inghilterra, reputa che sia strategico per i propri interessi geopolitici diventarne il monopolista mondiale. Portarla a Londra è uno sforzo scientifico enorme, perché vuol dire da una parte cercare di capire quali sono le tecniche di conservazione più efficaci per i semi e per le piante vive e, dall’altra, fare un viaggio in nave di mesi. Il chinino viene riprodotto in grande quantità e poi parte per altri 3/4 mesi di viaggio per arrivare fino in India e in Sri Lanka, dove i botanici avevano individuato due siti adatti per una piantagione industriale.
Gli inglesi faranno poi lo stesso con l’albero della gomma e con le spezie.
Paola Chessa Pietroboni