La vendita di cibo pronto per il consumo è molto più antica di quanto si possa pensare ed è connessa in modo stretto allo sviluppo urbano. Oggi noi siamo abituati a concepire come normale la possibilità di vivere in città, cucinando il cibo in casa, ma possiamo farlo grazie alle tecnologie che introducono nelle nostre abitazioni tutti gli strumenti che ci servono e alle infrastrutture urbane che ci riforniscono di acqua, corrente elettrica e gas. Ma come fare quando questi elementi vengono meno?
Nella Roma antica, per esempio, i plebei, le fasce meno abbienti della popolazione, abitavano in una sorta di antenate delle case popolari, le insulae, che, a differenza dei condomini moderni, hanno una non trascurabile caratteristica: tante scale. Gli ascensori nell’antica Roma non c’erano, il che significa che più in alto si abitava, maggiore era la scomodità e minore la sicurezza, soprattutto in caso di incendi. I piani superiori erano costruiti in legno, più leggero ed economico, che permetteva sì di sovrapporre più livelli nell’edificio, ma li rendeva molto più vulnerabili alle fiamme rispetto a pietra e mattoni. In quelle condizioni cucinare in casa, senza nemmeno un camino per il focolare, diventava molto difficile.
Chi abitava in città era portato quindi a procurarsi del cibo pronto da mangiare, tanto nell’antico Mediterraneo quanto nell’estremo Oriente. Gli spazi ristretti della città inducevano i cittadini a delegare funzioni elementari come la preparazione del cibo a strutture specifiche, che le svolgevano per loro conto. Da un lato si faceva grande uso delle locande, dall’altro si poteva acquistare direttamente al mercato cibo già pronto. Al mattino la colazione era spesso limitata a pane inzuppato nel vino, mentre le pòpinae, le osterie dell’antica Roma, fornivano per pranzo, oltre a olive e pane, anche verdure cotte e stufati, piatti che potevano essere preparati in grande quantità, in una volta sola, con l’utilizzi di grandi calderoni. È proprio in questi contesti che nasce una prima forma di fast e street-food. Se consideriamo poi il gran numero di persone che aveva bisogno di cibo a fronte di un numero limitato di strutture capaci di procurarne, ecco che possiamo comprendere come anche l’elemento della velocità del servizio entri in gioco. Non dobbiamo però immaginarci un equivalente del McDonald nell’antica Roma. Il cibo cotto pronto per essere consumato era, in questi contesti, una necessità frutto delle circostanze e non certo una trovata di business.
Molti degli snack-food che tuttora esistono in Cina e in Oriente avevano già preso forma nel XII secolo e così accadeva negli stessi anni nell’antica Baghdad. Nel medioevo, in grandi città, come Londra e Parigi, si trovavano numerosi venditori di torte, timballi, pasticci, focacce e sformati.
Se ci avviciniamo ai giorni nostri e spostiamo il nostro sguardo verso qualche località costiera dell’Inghilterra, troveremo che il “fast-food” a disposizione includeva spesso e volentieri pesce, crostacei e frutti di mare, che venivano cucinati direttamente sul molo o nelle vicinanze della spiaggia. La vera rivoluzione avvenne però con l’introduzione della pesca a strascico, che a metà Ottocento implicò lo sviluppo del piatto più famoso dell’Inghilterra: il fish and chips. Il primo locale dedicato a questa portata aprì nel 1860.
Sarà però negli Stati Uniti, naturalmente, che il concetto di fast-food verrà spinto a un nuovo livello, ma anche questa trasformazione è legata a doppio filo a un altro importante cambiamento nella società: dopo la Prima Guerra Mondiale le automobili diventarono sempre meno costose, facendo sì che una fetta sempre maggiore della popolazione ne fosse provvista. È a questo punto che a Billy Ingram e Walter Anderson viene un’idea. Sì, quell’idea. Billy e Walter fondano nel 1921 a Wichita, in Kansas, la compagnia White Castle, “Castello Bianco” e, cavalcando le necessità di un mondo che va sempre più di fretta, organizzano la prima catena di fast food con un menù standardizzato, un processo di produzione rapido e a vista del cliente, vendendo hamburger per 5 centesimi al pezzo (nel 1921, teniamolo a mente). Nei tardi anni Venti viene introdotto il servizio direttamente al finestrino dell’auto: i clienti si fermavano nel piazzale del locale e le cameriere uscivano a piedi a prendere le ordinazioni e a portare il cibo, mentre negli anni Quaranta iniziarono a essere munite di pattini!
Da qui in avanti, un gran bel film che racconta la scalata al trono nell’impero del fast-food è The Founder, in cui un ottimo Michael Keaton interpreta Ray Kroc, imprenditore dell’Illinois che dalla Grande Depressione alla Seconda Guerra Mondiale sopravvive vendendo bicchieri di carta, facendo l’agente immobiliare e a volte persino suonando nei piano-bar della Florida, per poi commerciare frullatori per frappè fino a metà degli anni Cinquanta. Sarà in quel periodo che intuirà il potenziale di un locale che voleva sì dei frullatori, ma non per i frappè, bensì per tritare la carne. I proprietari volevano trasformare la cucina in una piccola catena di montaggio e Ray resta rapito dall’idea dei fratelli Richard e Maurice McDonald…
Riccardo Vedovato
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