Senza l’immigrazione non avremmo uno dei piatti più famosi della cucina giapponese, che però non ha origine in Giappone ed è molto più recente di quanto non si sospetti. Le origini del ramen risalgono alla Chinatown di Yokohama di fine ‘800 e inizio ‘900. Lo stesso nome, infatti, ha origine dal cinese lamian (da non confondere però con l’omonima ricetta tipica della Cina settentrionale) e deriva dalle portate tradizionali del meridione del Paese, come la regione cinese del Canton (riso alla cantonese vi dice niente?) da cui proveniva la maggior parte degli immigrati a Yokohama.
Il piatto guadagnò la sua fortuna soprattutto durante le carenze alimentari della Seconda Guerra Mondiale, fino a quando Momofuku Ando, inventore e imprenditore giapponese, brevettò e commercializzò i noodle istantanei, aprendo loro le porte per il successo nazionale e internazionale.
La parola “ramen” compare per la prima volta nel libro di ricette di Seiichi Yoshida: Come preparare piatti cinesi deliziosi ed economici, Hakubunkan Ed., Tokyo, 1928. Qui però è utilizzata solo per riferirsi ai noodle cinesi. Perché il termine “ramen” compaia come nome di un piatto della cucina giapponese dobbiamo aspettare 19 anni, quando nel 1947 Hatsuko Kuroda lo inserisce nel suo Cucina casalinga divertente, (Keihoku shobu Ed., Tokyo), per dire che era nata l’idea di ramen come lo intendiamo noi, mentre qualcosa di simile (ma non ancora maturato e affermato come concetto nella cucina nipponica) lo ritroviamo diversi anni prima nella Terra del Sol Levante.
Il più antico locale a servire ciò che potremmo chiamare un proto-ramen in Giappone fu il Rairaiken di Kan’ichi Ozaki nel distretto di Asakusa a Taito (nella città metropolitana di Tokyo), il cui cartello ammiccava ai clienti con le scritte “Soba cinese” (la soba sono spaghetti giapponesi) e “Cucina cantonese”.
Ozaki assunse 12 cuochi della Chinatown di Yokohama e diede vita a un ristorante cucina fusion sino-giapponese, in cui ai clienti veniva servita una prima versione del ramen – spaghetti in brodo con fette di char siu, maiale arrosto alle cinque spezie, pasta di fagioli rossi e salsa di soia – così come lo vediamo una puntata sì e una no di Naruto Uzumaki, il protagonista dell’omonimo manga, che compare anche nelle serie televisive Anime (in Occidente si chiamano Anime esclusivamente le produzioni animate giapponesi, mentre in Giappone questo termine è usato per indicare i film di animazione in generale).
Il Rairaiken originale non esiste più dal 1976, ma dal suo ceppo fiorirono vari locali: nel 1933, nel quartiere di Meguro (sempre a Tokyo), Fu Xinglei, uno dei 12 cuochi originariamente assunti da Ozaki, aprirà un locale con lo stesso nome, e nel 1968 uno degli apprendisti inaugurerà invece lo Shinraiken (il nuovo Raiken) nella prefettura di Chiba, e infine nel 2020 il nipote e pronipote di Ozaki riapriranno il Rairaiken originale all’interno del Museo del ramen di Yokohama.
Dopo la sconfitta dell’Impero giapponese nella Seconda Guerra Mondiale, l’esercito americano occupò il Paese dal 1945 al 1952. Proprio nel ’45 il Giappone sperimentò il peggior raccolto di riso degli ultimi quarant’anni, perché durante il periodo della sua espansione coloniale ne aveva delocalizzato la produzione in Cina e Taiwan, ora non più sotto il suo controllo. Gli Stati Uniti inondarono il mercato con farina a basso costo per combattere la carestia, il che alimentò la popolarità del ramen che molti giapponesi compravano al mercato nero per sopperire ai costanti ritardi del Governo nella distribuzione di cibo. Dopo l’invenzione di quello istantaneo nel 1958, di cui parlavamo all’inizio dell’articolo, il ramen crebbe sempre di più in popolarità, affermandosi come icona della cultura culinaria giapponese nel corso degli anni Ottanta.
Tra i vari ingredienti che arricchiscono il piatto, a incuriosire è quella strana spirale bianca e rosa: il naruto, che condivide il nome con il protagonista dell’omonimo Anime.
Il naruto, o narutomaki, è un tipo di kamaboko (che potremmo indicare, riassumendo, come una sorta di pasta di pesce) spesso presente nel ramen stile-Tokyo. La sua forma a spirale pare sia dovuta e ispirata a sua volta ai Vortici di Naruto, un fenomeno legato alle maree che si manifesta nello stretto di Naruto, tanto famoso in Giappone da essere stato immortalato anche dal famoso artista giapponese Utagawa Hiroshige in una stampa nella raccolta “Vedute famose di oltre sessanta province”. Non è un caso che il ninja protagonista si chiami Naruto Uzumaki (uzumaki vuol dire a sua volta “vortice”) e che per una buona parte del manga (fumetto) e dell’Anime (cartone animato) indossi sulla fronte una maschera-occhiale con due vortici disegnati. Pare che alla lunga Masashi Kishimoto, autore dell’opera, si sia stancato di dover disegnare ogni volta le spirali e che per risolvere il problema abbia ideato i famosi copri-fronte con i simboli dei vari villaggi ninja.
Riccardo Vedovato
riccardo.vedovato1994@gmail.com